Marcus Winter Cap. XIII

Pubblicato il da Jolly Roger

Capitolo XIII

 Erika e io siamo acciambellati su una delle sdraio dell’ozio a rimirare il cielo. La ragazza vede una stella particolarmente luminosa e il pensiero viaggia nel passato, alla baita dove da bambina passava le vacanze con la sua famiglia. Ricorda le sere illuni trascorse in veranda insieme al padre, con le luci spente, affinché il firmamento fosse alla vista incantevole, punteggiato da gòccioli d’argento. Stava accoccolata e lui mentre le raccontava delle stelle lontane, la cui luce inviata milioni di anni fa arriva sulla terra nell’esatto momento in cui le guardiamo. Il nostro tempo, diceva il padre, è così ridotto rispetto al loro lampo, da rendere la vita, nella sua brevità, un dono da preservare come un grande tesoro, fino all’ultimo istante.

Appena Erika finisce di raccontarmi questo suo vecchio ricordo, mi confessa di quella sera in cui ci siamo conosciuti. Lei si era avvicinata a salutare Marc e io, già sbronzo, le avevo offerto da bere. Abbiamo riso, scherzato, poi Marc è stato chiamato da Gangboy e si è allontanato, non prima di aver chiesto alla ragazza di pensare a me. Quando eravamo nella stanza dell’hotel, io non ho retto e lei mi ha aiutato a vomitare. Alla fine, con Erika, quella notte avevo solo vomitato, prima di crollare. Le chiedo perché allora era nuda la mattina seguente. Perché… Erika, dorme nuda, la fa sentire libera. Freyja la vichinga.

Coperti fino al naso, ci guardiamo negli occhi e ci addormentiamo con le nostre labbra rasenti, a respirarci l’anima a poco… a poco. Siamo chiusi in un bozzolo, quando Marc e Dana ci svegliano con due tazze di caffè.«Avete campeggiato stanotte, vedo» dice Marc con il suo sorriso tipicamente beffardo. «Sì!» rispondo. «Perché ci hai svegliato? C’è da far legna?» domando tra uno sbadiglio e l’altro.«Dobbiamo andare via da qui immediatamente tu e io» dice calmo ma deciso Winter. «Problemi?» domando.«Dobbiamo incontrare delle persone cui non piace aspettare» replica Marc. «Allora non facciamo aspettare questi impazienti signori» dico, rompendo il bozzolo per poi ricomporlo, riavvolgendo Erika.

Oggi abbiamo a disposizione una vecchia fiat brava blu metallizzato al posto del missile terra aria del giorno prima. Una rumorosa sinfonia fa da sottofondo nell’abitacolo; guardo dallo specchietto retrovisore, ho il sospetto che stiamo perdendo qualche pezzo per strada mentre percorriamo la Washington Avenue. Il sole splende e definisce i colori del mattino e la mia determinazione, da quel calore, riprende vigore.

Il nostro obiettivo diventa chiaro mentre andiamo al nostro appuntamento. Tessere di un mosaico si collocano per creare l’immagine della nostra vittoria. Ci troviamo in un bar nel quartiere italiano di Seattle. Ad aspettarci, un uomo pelle e ossa che indossa un vestito blu gessato da gangster anni Trenta, è assieme a due uomini dalla corporatura a mongolfiera. Mongolfiere dure come il ferro, che ci avvicinano due sedie. Ci sediamo al tavolo dell’uomo secco che fuma un cubano montecristo. Immagino già che il gangster incominci a parlare di puntate su corse di cavalli o di contrabbando di sigari o ci faccia un preventivo dettagliato sul costo degli omicidi. Mi sorprendo quando esce dalla tasca della giacca un depliant di torte gigantesche; tra le pagine c’è la fotografia di una torta che si distingue dalle altre per l’aspetto bizzarro.«Questa è quella scelta per la festa di sabato» dice l’uomo. Il tortone selezionato ha un aspetto faraonico, è enorme, composto da una piramide a gradoni di pan di spagna e crema chantilly, ricoperta da un colorante dorato e spolverata da oro finissimo. Le guarnizioni riproducono i personaggi del pantheon egizio. Mi colpisce particolarmente la sommità del piramidone pasticcero, dove è collocata una statuetta raffigurante Sekhmet, la dea dalla testa di leonessa, che rappresenta la forza distruttrice contro i nemici; è posta ai piedi di un sole dalle tante braccia, credo sia la raffigurazione di Aton, il dio, che in questo caso rappresenta la luce e il calore che dà forza ad AKEA. Una torta del genere merita di esplodere, penso, almeno per rispetto al buongusto.

«Noi abbiamo la nostra sorpresa da collocare all’interno» dice Marc. «È importantissimo che sulla sommità della torta, dove saranno poste le tre candeline, avrete inserito le tre cannule e, dettaglio importante, non dovranno vedersi se la torta sarà esaminata».«Metteremo dei bottoncini di zucchero dorato e solo io e voi saremo a conoscenza di quest’aggiunta» rassicura lo smilzo in gessato.«Perfetto!» esclama Marc.

Il capo fa un gesto verso lo scagnozzo più grosso, che va dietro al banco e ci porta tre bicchieri riempiti con del liquore giallognolo e ci dice che quello è il vino dei santi. Ritengo che ai santi sia meglio non fargliela prendere a male e m’ingollo tutto in un fiato quel liquido dolce e alcolico. Salutiamo il cadaverico padrino-pasticcere e andiamo via. Se non altro penso di aver capito a cosa servono le candeline speciali che abbiamo fabbricato in casa Castelli.

Marc dice che ogni cosa sembra andare secondo i piani. Molte cose incominci a capirle strada facendo, seguendo l’irrefrenabile, ermetico, Marcus Winter. All’uscita troviamo un suv al posto della brava. Chiedo a Marc se è lui l’illusionista tutto matto che trasforma i modelli delle auto che lasciamo in sosta. Marc mi chiama Orazio e mi dice che ci stanno più cose in cielo e in terra di quanto non conosca la mia filosofia. È inutile far domande a quel punto. Marc non sarà un illusionista, ma sospetto che un po’ matto lo sia di sicuro. Un matto che sa quel che fa.

Ripercorriamo la Washington Avenue, svoltiamo verso il centro cittadino e ci fermiamo davanti al dipartimento di Polizia della Second Avenue. Entriamo.«Lasciami, brutto stronzo, tu solo per toccarmi il culo mi devi dare minimo cinquanta dollari» dice una puttana a un poliziotto che cerca inutilmente di forzarla per prenderle le impronte. «Quando passate con le vostre pattuglie nelle nostre zone, allora lì fate i carini perché ci scappi almeno un pompino. Quando ci portate al distretto, ci trattate come se fossimo feccia. Siete solo dei pezzi di merda in divisa».«Stai zitta e metti le dita qui sul foglio o ti sbatto dentro per un secolo» dice il poliziotto con le mani strette al braccio della donna, cercando di bloccarne i movimenti, come se stesse lottando contro un serpente epilettico. «Si… ti piacerebbe sbattermi, bastardo. Preferirei essere toccata da un verme che sguazza nel letame piuttosto che da te» dice l’energica donna.«Venite ad aiutarmi!» grida il poliziotto verso alcuni colleghi. Tre uomini in divisa saltano letteralmente addosso alla prostituta, schiacciandole la testa sulla scrivania, mentre uno di loro riesce a imprimere le sue dita sul foglio delle schedature. Vedo anche un ubriaco vicino a una scrivania, lasciato solo, è scivolato dalla sedia e sta seduto sul pavimento, cantando una triste monotona cantilena che ha il suo senso:
Vita nel bicchiere pieno e nelle tasche vuote / Vita sotto un ponte riparato dalle ruote / Vita solitudine senza alcuno che ti chiami / Vita fredda senza qualcuno che ti ami / Vita delirante il vino ti dona / Vita straziante se ti abbandona…Mah?
Andiamo verso un tizio che ha tutta l’aria del detective e ci fa entrare con discrezione nel suo ufficio, chiudendo la porta alle sue spalle.«Marcus Winter!» esclama l’uomo. «Greg!» replica Marc, sedendosi su bordo della scrivania.«Nei tempi in cui si andava in giro con il revolver del colonnello colt alla fondina ci sarebbe affisso fuori da qui il tuo identikit, con scritto “wanted dead or alive” e, sotto il disegno, una bella taglia sulla tua testa» dice Greg tra il serio e il faceto.«Fortunatamente i tempi sono cambiati, ma le taglie qualcuno le mette ancora. Tu cosa sai dirmi sull’argomento?» domanda Winter. «In giro circolano voci che non lasciano molti dubbi. Qualcuno vorrebbe confezionarti un comodo abito di legno con le maniglie in ottone. Attento Marcus, stai molto attento». Greg avverte: «Dall’ufficio del procuratore due giorni fa è stata richiesta la documentazione riguardante le tue attività e i tuoi movimenti qui a Seattle».«Qui lo dico e qui lo nego… Cazzo, Marc, sai che ti stimo, alcune tue azioni sono da ammirare, per il coraggio e la dedizione agli ideali che richiamano al senso di umanità, a concetti di giustizia» puntualizza Greg. «Ogni tuo obiettivo è superiore al tornaconto personale, ma renditi conto che oggigiorno i tuoi ideali sono solo astrazioni superate».«Tu finirai ingloriosamente come Toro Seduto» sottolinea l’amico di Marc.«La sua vittoria su Custer è ricordata dalla storia e questo mi basta» replica Marc.«Vuoi essere ricordato per la gloria?» domanda Greg.«Io no… Little Bighorn» risponde Marc.Trattamento Globale Anticellulite

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