Marcus Winter Cap. XIX

Pubblicato il da Jolly Roger

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Capitolo XIX


Scopro in Gangboy un valente giocatore di scacchi; chi l’avrebbe mai detto, Gang la furia pensa. Concordo con Marc quando asserì che non sarebbe rimasto stupito nello scoprire Gang capace anche di lavorare a maglia.

Lo spirito del suo gioco rispecchia il suo animo combattivo, è un attaccante puro e sa guardarsi le spalle. Dopo quattro mosse mi ritrovo già la sua minacciosa regina, supportata dal suo alfiere, a fronte del mio dominio. Arrocco il mio tremante re e richiamo la cavalleria al confine. Gang si accorge che la mia mossa difensiva minaccia la sua spavalda regina e scatena la sua cavalleria contro la mia. Faccio uscire da uno spiraglio il mio alfiere nero, collocandolo alle spalle della sua domina. Una sua contromossa azzeccata e il mio pedone, il baluardo difensivo, si sfalda come un muro di cartapesta. Il mio re sarebbe quasi fottuto se non avessi il mio cavallo da sostituire al pedone ghermito.

Mosse e contromosse si alternano, finché sono costretto a sacrificare la mia regina per la sua.

Rimaniamo rispettivamente con due torri e due alfieri, ma io con un pedone in meno.

Alla fine, dopo i suoi ripetuti attacchi e le mie continue difese, riesco a portare la partita in pareggio.

Non avrei mai immaginato che giocando a scacchi potesse venirmi il fiatone.

Gang guarda il suo super tecnologico orologio e dice: «È ora di vestirci». La mia uniforme da cameriere è leggermente stretta. La giacca di Gang a stento riesce a contenere i suoi deltoidi gonfi. Usciamo dalla stanza e saliamo le scale, portandoci dietro il paracadute avvolto nella trapunta del nostro letto, i nostri movimenti sono calmi. Guardiamo bassi nell’eventualità che qualche telecamera ci inquadri. Gang si blocca sul ballatoio del trentaquattresimo piano e dice di aspettare. Cinque minuti dopo la porta davanti a noi si apre e un uomo massiccio, vestito con un abito nero e con un auricolare cui è attaccato il braccetto del microfono, si piazza di fronte a Gang. I due uomini si studiano, ecco ci siamo, l’ultimo che estrarrà è un uomo morto, se il tizio con l’auricolare sarà il più veloce farò compagnia a Gang sottoterra. Resto sorpreso quando vedo che il mio amico e il tizio si fanno un cenno d’intesa indicando su, per la rampa di scale che separa il nostro piano da quello della Chinese Room. Gang mi allunga il nostro fagotto e mi dice di seguirlo.

Arrivati sul ballatoio del trentacinquesimo piano, vedo da dietro le spalle di Gangboy un altro tizio, anche lui ben vestito, davanti alla porta e che legge un quotidiano; ha lo stesso auricolare dell’uomo lasciato dabbasso. Gang mi lascia indietro e si avvicina all’uomo e gli chiede se ha d’accendere. L’uomo getta a terra il giornale e si avvicina. Gang con un balzo prende lo slancio, poggiando il piede sinistro sulla coscia del gorilla; Gang salta, quasi da toccare con la testa l’alto tetto, e come un falco in picchiata colpisce l’uomo, conficcandogli la punta del gomito, letale come un rostro, al centro del testone. Il tizio sembra implodere, rannicchiandosi su se stesso, emette un rantolo mentre ricade sulle ginocchia. Ha la testa spaccata e il mento poggiato sul petto. Dalla punta della lingua penzolante, gocciola saliva commista a sangue. L’omone, ai piedi di Gang, ora assomiglia a un bue abbattuto cui è stato sparato uno spunzone da macello.

L’uomo dabbasso è intanto salito, raccoglie il giornale da terra e pulisce il sangue sul pavimento. Io con il mio involto seguo Gang, che ha caricato il morto sulle spalle e sale con passo deciso l’ultima rampa. Gang si ferma a lato della porta del trentaseiesimo piano e mi dice di controllare se vedo gente. Dico: «nessuno, solo un appartamento con la porta d’ingresso aperta e un carrello delle pulizie vicino all’entrata». «Vai dentro, posa il tuo carico e torna qui; sbrigati Axel, questo bestione pesa» dice Gang.

Mi affretto dirigendomi verso l’appartamento nel quale trovo Debra con uno spruzzino in mano. La ragazza mi viene incontro prendendo il mio fagotto.

Ritorno da Gang che ha collocato a terra il cadavere, con la schiena poggiata al muro e ha infilato nella bocca e nelle narici del bue dei fazzoletti di carta, immagino per non far colare altro sangue. Prendiamo il bestione per le ascelle, facendo passare le sue braccia dietro i nostri colli e trasportiamo il saccone velocemente nell’appartamento. Debra richiude l’uscio, mentre con Gang infiliamo il corpo nello sgabuzzino. Gangboy poggia le mani sul piano del tavolo nel soggiorno e respira profondamente, le cuciture della sua giacca sono strappate nella linea dell’attaccatura superiore delle maniche. Per un attimo la mia immaginazione materializza David Bruce Banner pronto a diventare l’incredibile Hulk.

Sono affondato sul divano, mentre Brenda ci offre dell’acqua; la miglior bevanda che un uomo potrebbe desiderare in quel momento. Brenda dice che tra due ore la torta per la celebrazione del centenario sarà portata nelle cucine e sarà controllato e analizzato il contenuto. Brenda dice che sarà lei ad avvertirci quando dovremo muoverci per sistemare la sorpresa. Siamo proprio messi bene, penso, siamo arrivati fin qui e ancora la parte difficile del piano dovrà concretizzarsi. Brenda dice che gli scagnozzi dell’AKEA sono in allarme. Adesso che Marc è in mano loro, si sentono, però, più tutelati avendolo come ostaggio.

Ecco, adesso capisco la mossa di Marc. Marcus Winter quella sera nello scantinato di Floyd dopo che il tizio con il coltello s’infilzò la mano disse: “Ognuno di noi è consapevole che l’errore si riscatta con un atto, con un sacrificio personale, non sempre cruento e autolesionista come quello che hai visto, ma che ricordi a lui e a tutti noi l’importanza della nostra missione”.

Marcus come un vero capo paga in prima persona anche gli errori non commessi. Marcus è veramente pronto al sacrificio per liberare il mondo dall’ignobile infezione scatenata da Wiplock.

Cazzo, i suoi occhi prima di salutarmi erano quelli di un uomo in pace; senza timori, senza ripensamenti, solo un obiettivo da raggiungere anche a costo della vita. Dana; Marc sapeva che lei ormai era pazzamente innamorata di lui; sapeva che non gli avrebbe creduto se le avesse detto che era tutto finito, che non l’amava più; l’unico atto fortemente sentito è stato di farle vivere quelle ore sullo yacht, dandole tutto quello che il suo immenso cuore poteva. La stessa sensazione che provai con Erika, in quei momenti vissuti intensamente. Attimi che durano in eterno.

«Che facciamo adesso per salvare Marc?» dico. Gang mi lancia uno sguardo, poi si gira verso Brenda che dice: «Adesso per Marcus c’è poco da fare; appena avremo la sicurezza che gli AKEA sono certi di avere tutte le carte in mano, allora si agirà».«Cazzo se si agirà» dice Gang, «o qui crepiamo tutti o giuro che io senza Marc da questa fottuta torre non scapperò».Le parole di Gang caricano di rinnovata forza la mia risolutezza e mi fanno sperare almeno che, se dovessimo morire, non moriremmo da vili.

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