Marcus Winter Cap. VII

Pubblicato il da Jolly Roger

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Capitolo VII

Sento un formicolio ai piedi, alle mani non ho più la sensibilità, dal mio volto traspare un accenno di preoccupazione. Erika si accorge di questo mio cambiamento e mi chiede se va tutto bene. La rassicuro dicendole che sarà la stanchezza. Si avvicina a noi Marcus, mi allunga una busta chiusa e mi guida in disparte.«Abbiamo preso Willy» esordisce serio Marc.«Quando, dove?» chiedo.«Stasera, stava seguendo due dei nostri, sospettiamo che si sia accordato con gli uomini dell’AKEA» mi delucida Winter. «Adesso vieni con me, andiamo via da qui».Saluto velocemente Erika. La ragazza piega la testa e aspetta le mie labbra, che non si fanno attendere. Un’auto è pronta per noi davanti all’ingresso e spediti percorriamo la Second Avenue, direzione sud.

Arriviamo velocemente ed entriamo in un capannone dismesso. Alcuni uomini stanno intorno a Willy legato a un palo. Gangboy è vicino all’uomo e gli trattiene la testa per i capelli, prima che un brusco strattone gli scaraventi la capoccia in avanti. Willy sembra svenuto. Ci avviciniamo a Gangboy, che dice: «Adesso il cane è stato ammansito». Sangue rubino guizza sul sudore e stilla sulla camicia bianca di Willy. «Svegliatelo!» ordina Marc.Una secchiata di acqua putrida è scagliata sulla testa di Willy che rinviene. «Bene, Willy… quante dita vedi?» domanda flemmaticamente Winter, mostrando le cinque dita della mano destra all’uomo.«Sei!» risponde ironico Willy, simulando un atteggiamento da duro. Marcus sferra uno schiaffo potente all’uomo, dicendogli stavolta: «Willy, ti ho facilitato il gioco». «Quante dita hai sentito adesso?» domanda Marcus.«Cinque, cazzo!» risponde stremato l’individuo. «Bravo. Adesso dimmi perché seguivi i miei uomini» domanda Winter. «Ti cercavo, Marc» risponde Willy. «Adesso mi hai trovato!» afferma Marcus. Chiede all’uomo: «Volevi dirmi… cosa?».«Sei in pericolo, Marc. Alcuni uomini mi hanno avvicinato perché volevano che ti facessi fuori, io invece sono venuto a Seattle solo per avvertirti del rischio che corri» rivela Willy. «Non mi dici niente di nuovo, ma dubito che volessi avvertirmi» dice Marc. «Ti consiglio di dire la verità o la prima cosa che uscirà da questo posto sarà la puzza di cadavere… il tuo!» è la seria intimidazione di Winter. «Dimmi di questi uomini».Dice Willy: «Li conosci, sono loro, quelli contro i quali combatti da anni». «Gangboy, prendi la benzina e vediamo quanto impiega Willy a diventare un arrosto» è l’ordine perentorio di Marc. Gangboy prende dal bagagliaio una tanica da dieci litri piena e getta metà del contenuto addosso all’uomo legato. «NO!» grida Willy. «Vi dico tutto, tutto». «Ti ascoltiamo» dice impassibile Marcus, mentre accende una sigaretta a un paio di metri dall’uomo legato, grondante sangue, sudore, saliva, acqua marcia e soprattutto benzina. Negli ultimi tre giorni ho visto cose che superano ogni mia precedente esperienza. Sono un testimone di fatti imprevedibili, che mai avrei immaginato svilupparsi in così poco tempo.

Mi trovo come proiettato in un film di gangster, dove la parte dei cattivi adesso è interpretata dai buoni. Le parti si confondono quando il gioco diventa spietato. Avevo già capito questa strana follia, quando quella sera la faccia di Fred si disintegrò sotto i miei occhi. E ora?

Il killer racconta di avere incontrato Stan Wiplock, il giorno dopo l’incontro con Folley, dopo avere architettato l’omicidio di Fred. Willy non perse tempo e qualche ora dopo spiattellò confidenzialmente al giudice il piano dell’omicidio, sperando di ottenere in cambio degli agganci con certi personaggi che gli avrebbero procurato dei benefici. Willy sapeva, frequentando certi ambienti, che il giudice Wiplock non era certo uno stinco di santo e la stupidità lo consigliò di scendere a patti con il diavolo. Il vecchio Wiplock però non si preoccupò molto del suo indecoroso nipote, anzi disse al killer di eseguire liberamente il delitto, ma di farlo sembrare un regolamento di conti. Immagino che il giudice doveva essere felice che qualcuno gli togliesse di mezzo quello scomodo familiare, senza dover coinvolgere i suoi tirapiedi. Certamente Fred avrebbe causato altri scandali a causa del suo vizio irrefrenabile di violentare ragazzini, senza la dovuta attenzione e discrezione.

Nel racconto Willy non parla di me. Dovevo anch’io finire sottoterra per l’ovvia ragione di essere stato un tramite tra Willy e Folley e, come se non bastasse, anche testimone del delitto?

Penso a Marcus quando, quella mattina in cui ero andato da Bob, mi aveva forse dato una chance e io istintivamente avevo colto al volo l’opportunità. Marcus Winter mi salvò la vita?

Sento il disgusto che risale dalla faringe, fino a sentirne il sapore acido, caldo, in bocca. Mi sento come uno sciacallo. Ho scritto un articolo su un delitto cui avevo assistito e non mi ero neanche sognato d’impedirlo. Marcus porta l’indice al centro del mento e commenta ironico: «Certo, per il virtuoso giudice Wiplock avere un nipote del genere era un’ignominia da cancellare. Tu perché sei a Seattle?».«Mi mandano i soci del giudice. Volevano che venissi a Seattle perché sanno che sei qui, Marc. Sei diventato scomodo per loro. Gli stai creando troppi danni economici e d’immagine con le tue campagne, con le tue azioni di sabotaggio… vogliono la tua testa, Marcus» dice Willy. «E quindi sei qui per spiare?» domanda Marcus. «Sì, sì, Marc, confesso, mi trovo a Seattle principalmente per informarli delle tue attività e presto mi contatteranno per darmi ulteriori ordini» risponde il killer, sperando di trarre beneficio dalla sua supposta sincerità. «I tuoi mandanti li conosco meglio di te» dice Marc. «Sei solo un pedone mandato allo sbaraglio, pronto per essere sacrificato» dice sprezzantemente Marcus al Killer e ricordandogli: «Una volta ti dissi di non fregarmi mai e io avrei lasciato che la tua misera vita seguitasse… fino a oggi».

«Ti ho detto tutto Marc… NON PUOI FARMI FUORI COSÌ» si appella urlante Willy. «Che cosa dovrei farne adesso di te?» domanda Marcus all’uomo. «Domani alle cinque, nel pomeriggio» dice il killer, richiamando l’attenzione di Marcus che si allontana rivolgendo le spalle all’uomo legato.«Domani alle cinque, cosa?» domanda Marcus all’uomo con lo sguardo serio rivolto a me. Io mi trovo in una posizione che mi permette di vedere il viso del supplicante Willy, a pochi metri, e il volto serio del mio amico, a pochi centimetri, che sembra attendere ciò che il killer, in un ultimo disperato tentativo di salvarsi la vita, gli rivelerà. «Domani verranno due uomini mandati dal figlio di Barnett per ricevere da me le prime informazioni» rivela Willy.

«Allora, tu domani incontrerai quegli uomini e noi controlleremo che tu non faccia il solito stronzo» dice Marc all’uomo, ottenendo la collaborazione che già si era prospettata, quando aveva mostrato al killer la raffigurazione del suo rogo.

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