Marcus Winter Cap. VIII

Pubblicato il da Jolly Roger

Capitolo VIII

Un sogno mi proietta in un vasto deserto. Saguari giganteschi circondano l’area e sul palco del concerto si esibisce un gruppo rock, accompagnato da un’orchestra sinfonica. Le note innalzano lo spirito verso mete infinite di trascendenza. Vedo gli amici di Marcus che ho incontrato in questi due giorni, cantano, accompagnando le parole del brano della band. Il ritmo è cadenzato. L’abbraccio amorevole di una madre che culla il figlio, per portarlo al di là, negli onirici luoghi di pace.

Improvvisamente, fulmini violenti scagliano all’orizzonte l’energia su un immenso albero spoglio, che oltrepassa il cielo. Le folgori si fanno più intense, ogni volta che si scatena l’urlo del pubblico per un giro armonico particolarmente trascinante. Il mio corpo si solleva, come se la musica lo elevasse al cielo.

Un assolo di chitarra distorta su una base di rullante e violoncello crea un arcobaleno sopra il palco. Una luce intensa colpisce tutti dall’alto, una radiazione che si espande come un vapore scintillante, che crea armonia nei sensi e, allargandosi, pervade tutto lo scenario fino all’orizzonte. L’albero di prima è incenerito, colpito dal fascio, e le saette si placano.Tre colpi sordi di gran cassa mi riportano alla realtà. Mi sveglio, e impiego qualche attimo prima di capire che i colpi li ha generati il picchiare alla porta della mia stanza. Un foglio scivola dentro, da sotto la soglia. C’è scritto: “Raccogli la tua roba, tra un’ora ci trasferiamo. Marcus”.

Cazzo, sto rivivendo la storia della banda di Billy the Kid, penso eccitato. Mi preparo, ma intanto che ammucchio i miei vestiti sul letto, casca dalla tasca della giacca la busta, quella della sera prima, quella ricevuta da Marc; la raccolgo. Mi siedo sul divano e guardo verso il soffitto facendo un profondo respiro prima di aprirla. Dentro trovo due fogli e un cd-rom. Sulle carte in sintesi c’è scritto che avrei incontrato il giudice Stan Wiplock per intervistarlo. In fondo all’ultimo foglio, un post scriptum m’invita a trasferire le domande dal cd al mio computer portatile, di impararle a memoria e di bruciare le carte e distruggere il dischetto. Prendo il mio PC e trasferisco le domande. Faccio a pezzi il cd e do alle fiamme i fogli strappati in piccole striscioline sul piano doccia, evitando che il fumo faccia scattare l’allarme anti-incendio. Che cosa avrà in mente Marc mandandomi in bocca al nemico?Io sono oramai palesemente bruciato, dopo che Willy linguasciolta avrà riferito delle mie implicazioni. Penso per adesso che la cosa migliore sia non scervellarsi troppo e aspettare che tutto accada per gradi. Ricordando il mio sogno, ne avverto il simbolismo e capisco che adesso non ho nulla da perdere, se non la vita, cazzo. La conquista di un equilibrio soprannaturale, che tra le fantasie si rafforza, è il mio equo fine.

Ritorniamo al porto, dove ritroviamo attraccato al pontile lo yacht. Marc e io saliamo dalla solita passerella.  Ad attenderci troviamo solo tre uomini d’equipaggio, che ci aiutano a trasferire i bagagli nelle nostre cabine. Nella mia il letto è grande e circolare; ho a disposizione un armadio a parete in ciliegio con le cornici di acero e una trentina di cassetti e piani a scomparsa sempre di legno d’acero.

Winter viene nella mia cabina per dirmi che dobbiamo andare a sbrigare una faccenda. Risaliamo in macchina e ci dirigiamo verso l’interno urbano. Marc entra diretto all’interno di un’autorimessa, dove ci avvicina un uomo cui consegniamo l’auto, mentre noi entriamo in un ufficio. All’interno c’è una scrivania sommersa da pratiche, raccoglitori e foglietti vari; a lato, attaccato alla parete, c’è un grande schedario, che Winter sposta parallelamente al muro, scoprendo un ingresso segreto. Una rampa di scale ci conduce in un piano interrato, dove troviamo tre uomini, più Gangboy. Scorgo Willy con la faccia meno stravolta del giorno prima. Il killer è stato tirato a lucido. Uno degli uomini gli sta nascondendo un piccolo microfono sotto gli abiti. «Hector, l’hai preparato?» chiede Winter. «Sì, Marc!» risponde l’uomo del microfono.«Aspettiamo adesso» dice Marc.

Facciamo passare il tempo giocando a freccette, mentre il nostro Willy è seduto, ammanettato a una sedia e collocato sotto il nostro bersaglio attaccato al muro. La sfida comincia. Dopo tre partite Gangboy è in vantaggio di quattro punti. Alla gara partecipa anche Willy. Quando una freccetta non va a segno e piomba di punta sul cranio dell’uomo, assegniamo un punto al fortunato ragazzo, che immagino contento di essere l’ultimo in classifica generale, per averne ottenuti ancora solo tre. Dopo il quarto “ahi” di Willy, il suo cellulare squilla e noi smettiamo all’istante di giocare. Gang passa il telefonino a Marc, che si siede davanti al prigioniero e lo guarda; l’espressione di Winter è autorevole, quando pigia in successione il tasto di risposta e del vivavoce e pone l’oggetto davanti alle labbra dell’uomo.«Pronto!» esclama enfaticamente il collaborativo Willy.«Hai notizie da darci?» domanda un uomo in vivavoce.«Eccome no. Vi avevo assicurato che lui si fida ancora di me» risponde con voce sicura Willy.«Vediamoci tra un’ora al Danny Park» dice con un tono risoluto lo sconosciuto al telefono.«Ok!» risponde Willy. Alla fine della chiamata, Marcus esorta Gangboy e i tre uomini ad andare con lo spywagon al parco con Willy, e di seguire il piano. Gli uomini escono, portandosi dietro il killer, mentre Marc e io rimaniamo soli.«Che ne farai di Willy quando tornano?» chiedo a Marc. «Willy non tornerà con loro» è la risposta di Marc, «faremo in modo che scappi. Ci interessa solo fotografare gli uomini che il nostro caro Willy incontrerà. Il microfono che ha indosso non ha mai funzionato. Il vero microfono l’abbiamo inserito nel suo cellulare e c’è chi proprio adesso spia ogni chiamata che invia o riceve». «Lasci libero quel serpente quindi?» domando preoccupato. «Willy sarà più utile in mezzo a loro piuttosto che nelle nostre mani» risponde Marc, «con lui libero sarà più semplice scoprire i piani del nemico. Ogni cosa richiede il suo tempo e in una guerra come questa, molte cose sono diverse da come sembrano». Non faccio più domande e mi auguro che la strategia di Marc si attui per com’è stata ideata. Winter prende le freccette e, passandomene metà, la partita continua tra noi due.

Gangboy torna dopo tre ore e riferisce a Marc che ha le foto dell’incontro. Comunica che Willy è scappato, salendo sul taxi guidato dal nostro uomo. Invece gli uomini di Barnett sono alloggiati al Sorrento Hotel, al numero 900 della Madison Street, nella stanza. Carlo, camuffato da cameriere, sta già infestando la loro stanza di microfoni. Torniamo sullo yacht e colleghiamo la fotocamera al portatile e Marc manda le foto via internet a un indirizzo di posta elettronica. «Tutto è andato come previsto; da queste immagini posso concretamente affermare che abbiamo fatto un ottimo lavoro. Domani sapremo tutto su questi individui» dice Marc mentre spegne il PC e richiude il monitor. In questa serata settembrina la temperatura è mite al porto. Le luci intorno rendono l’aria ancora più calda e io sono appoggiato sulla balaustra della prua, mi raggiunge Marc, è sorridente e mi offre un calice contenente del vino rosso. Guardo attraverso il cristallo una nave passeggeri che sembra un luna park; le luci sono rifratte dal bicchiere pieno, che assume la funzione di un caleidoscopio riempito di fluido vermiglio. Mentre ci godiamo quel momento sereno, immoto, come l’acqua intorno, squilla il cellulare di Marc. L’uomo risponde senza leggere il numero. Vedo sul volto del mio amico un’impercettibile tensione sentendo lei…
***Dana e Marcus***
«Perché mi hai chiamato?» chiede Marcus nervoso.«Trovo insopportabile dover continuare in questo modo» reagisce Dana.«L’altro giorno dissi per il tuo bene di non chiamarmi, non costringermi a chiudere» ribatte seccato Winter. «Il mio bene… non voglio che tu faccia il mio bene. L’unica cosa che desidero è stare con te, qualsiasi cosa accada. Non capisci che ti amo, stronzo… IO AMO MARCUS WINTER! AMO MARCUS WINTER! IO, DANA DEGAN… AMO MARCUS WINTEEER!» urla la ragazza. «Sei impazzita Dana, sei impazzita…» dice l’inquieto Marc alla ragazza. La ragazza interrompe l’uomo e prepotentemente dice: «Mi dici dove ti trovo, o a costo di bussare a ogni porta, a suonare ogni campanello, a chiedere a ogni passante, io ti troverò. Dopo la nostra storia può anche finire, prima che sia iniziata veramente. Quattro anni passati a fare finta che non ci fossimo mai visti prima, a recitare la parte sugli aerei di un approccio, come se non ci conoscessimo; è diventato insopportabile per me. Sì, sono pazza, ma pazza di te; da quattro anni, Marcus Winter… DA QUATTRO ANNI!». È lo sfogo dell’amore represso di una donna risoluta; la splendida Dana Degan. «Dove sei?» chiede Marc serio come non mai.«Sono all’aeroporto e qui, dopo la mia sfuriata, mi guardano tutti, pure l’ultimo di una serie infinita di fighetti cui ho rifiutato l’ennesimo invito a cena nel solito scontato ristorante di lusso… questi boriosi imbecilli che si appiccicano come piattole griffate li fabbricano in serie assieme le loro costosissime auto?». Il viso di Marc è connotato da una dolcezza mai vista prima e la sua voce è adesso calda e vibrante e sorride: «Ti faccio venire a prendere da Erika e da Gangboy, aspetta dentro… a dopo Dana».

Marc mi chiede di chiamare Erika e lui penserà ad avvertire il solito Gangboy. L’uomo ha gli occhi brillanti di gioia, ma i suoi lineamenti esprimono adesso una malinconia che ammala l’anima. Dopo le rispettive telefonate Marcus e io appoggiamo le mani sulla balaustra e rivolgiamo lo sguardo alla fonda.«Dana è l’hostess che ho intravisto nel corridoio dell’albergo il giorno del mio arrivo?» domando.«Sì, proprio lei!» afferma l’uomo, dando finalmente voce al divino Eros.

Dice Marc: «Ho sempre creduto che per uno come me, per la vita che conduco, nel mio futuro, non fosse possibile avere una donna a fianco. Non ho mai dato troppa importanza a quel tipo di sentimenti. Si diventa cinici quando tutti i punti di riferimento vengono a mancare. Lei, non so, ha qualcosa che mi scalda il cuore. Ogni momento trascorso con Dana diventa unico, ma non posso permettermi di farle avvertimento per me… Marc morirebbe con lei. Marcus Winter non deve sopravvivere a lei».

Com’è tutto amplificato in questo splendido uomo. Disconosce l’egoismo, disciplinato a sacrificare anche l’amore più grande per preservare da ogni male la sua Dana. Marcus sa che l’unica cosa nella sua vita a prova di pallottola è il suo ideale. È bene che faccia tesoro di questo, prima di andare troppo avanti con Erika.

All’arrivo dell’auto, con Gangboy alla guida, vediamo scendere Erika e Dana con due trolley al seguito. Aiuto le due donne a salire. Erika mi guarda come se volesse dirmi cosa sta succedendo, mentre Dana mi saluta con un sorriso che contrasta il suo comprensibile stato d’animo. Prendo Erika per la mano e la conduco in coperta, mentre do un ultimo sguardo a Dana e Marc e percepisco l’incanto nei loro occhi; l’una d’innanzi all’altro, non parlano.In quell’attimo, le parole più belle, le vedrei ubriache che cercano di pescare la luna in uno stagno.

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